giorgia boitano

SARDEGNA, C’ERA UNA VOLTA UNA MINIERA

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Sparpagliati sul Monte Linas, antichi villaggi abbandonati portano il segno di un tempo in cui la miniera era il motore dell’economia locale. Si chiamano Montevecchio, Ingurtosu, Canale Serci, Perd’e Pibera, Naracauli, e si sono svuotati dopo che l’ultima sirena ha annunciato la chiusura delle miniere nel 1991. Tutto è stato lasciato così com’era e l’atmosfera che aleggia in queste silenziose città fantasma ha un che di surreale. Dove un tempo lavoravano, vivevano, morivano migliaia di operai, oggi passeggiano indisturbate famigliole di cervi.

Tra le spiagge di Piscinas, Villacidro e Arbus, imponenti fabbricati, ferrovie, impianti di lavaggio dei minerali, pozzi, argani, teleferiche, officine raccontano la realtà cruda, dura, umanissima del microcosmo minerario. Alcune strutture sono state recuperate e permettono di entrare realmente in quel mondo: tutto è fermo e si respira il senso dell’attività di miniera. Altre, invece, sono corrose dal tempo e la loro decadenza è una traccia forte sul territorio, un segno della storia che sintetizza il cambiamento. Quello che era fonte di vita per migliaia di persone si è dissolto.

Questi villaggi congelati a oltre vent’anni fa, sono oggi visitabili in un affascinante percorso di archeologia industriale, un itinerario guidato dalle guide del Consorzio Imprese Arburesi Organizzate C.I.A.O. Arbus. Dal Pozzo di San Giovanni a Piccalinna al Museo degli operai a Ingurtosu, il viaggio “archeo industriale” costituisce una via privilegiata per comprendere in profondità il territorio, la storia, le radici umane della parte occidentale del Medio Campidano.

Leggi il reportage su Latitudeslife.

 

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