CONFESSO CHE HO VIAGGIATO, DIARIO DI UN GLOBETROTTER

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Che cosa resta di un viaggio? Quali tracce lascia nell’anima? Quali pensieri, immagini, emozioni? Prova a raccontarlo Pier Vincenzo Zoli, giornalista globetrotter, nel suo libro Confesso che ho viaggiato. Una raccolta di ricordi sparsi, più che una confessione, per condividere 25 anni di esperienze vissute da una parte all’altra del mondo, sempre in giro, sempre con quella voglia di conoscere e di capire.

La Bretagna con i suoi miti e le storie di cavalieri, la tundra norvegese con le sue antiche leggende, le cascate paradiso delle fate in Islanda, le isole buone e quelle cattive nella Finlandia del nord, le aride montagne nel Musandam, in Oman, il mare in tempesta nel punto più a nord delle coste scozzesi, le immobili vie d’acqua e i mulini in Olanda.

I luoghi rivivono nel ricordo, parlano di se stessi e di chi li abita: gente semplice, curiosa, persone incontrate per caso e rimaste impresse per sempre.

Un vecchio boscaiolo zoppo e la sua capanna in riva a un lago finlandese, il gestore di un improbabile pub in un villaggio fantasma tra i fiordi a nord della Norvegia, un giovane pescatore tunisino che sogna Lampedusa e un futuro in Italia, un uomo pieno di rughe ma senza età che tira su le reti in un’isola dell’oceano Indiano, i bushmen divertiti nell’Arnhem Land australiano, un cercatore d’oro nel nord della Finlandia.

Come in un diario, le memorie saltano da un punto all’altro secondo l’ordine casuale e perfetto di una geografia personale. 270 pagine da leggere piano piano, senza fretta, prendendosi il tempo di assaporare ogni luogo e accompagnare l’autore nelle sue avventure, come mosche attente e invisibili. Sembra di essere lì, in ospedale, mentre Zoli racconta tutto a due compagni di corsia, Mario il falegname e il professore-poeta, alla vigilia di una difficile operazione. In un momento in cui la vita si complica, la mente va ad aggrapparsi al passato, si rifugia, tira le somme, gioisce per ciò che è stato e si fa forza per ciò che sarà.

Indelebili souvenir dal mondo, ecco cosa resta nelle tasche di un viaggiatore.

Confesso che ho viaggiato, Pier Vincenzo Zoli, Casa Editrice Tresogni 2013, pp. 270, 14 euro

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IL RAGAZZO SELVATICO, DIARIO DI MONTAGNA

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Il verde dei prati, la vitalità del bosco, le orme degli stambecchi, il buio della notte, il silenzioso brusio della natura. Sono gli elementi che accompagnano “Il ragazzo selvatico” in questo viaggio alla ricerca di se stesso, racconto autobiografico di un’avventura solitaria intrapresa per dare una svolta ad una vita cittadina diventata troppo stretta. Quale posto migliore di una casetta a duemila metri circondata da una corona di alpi?

Paolo, trentenne sull’orlo della crisi di nervi, decide di staccare la spina e lasciare il suo appartamento milanese per iniziare una fuga a tempo indeterminato in una piccola baita della Valle D’Aosta, sperando di trovare la pace nei luoghi dove trascorreva l’estate da bambino. Parte in una fredda giornata di aprile, quando i pascoli sono ancora coperti di neve e lui è l’unico abitante di un gruppetto di alpeggi che guardano il Gran Paradiso. La sua reggia in pietra e legno diventa un eremo dove leggere, cucinare, ritrovare l’ispirazione alla scrittura. Le lunghe passeggiate nella natura sono la sfida da superare ogni giorno, il modo per mettersi alla prova e affrontare piccole paure, l’occasione che fa affiorare l’antica passione per la vita di montagna.

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ODILLA, LA BOTTEGA DEL CIOCCOLATO A TORINO

 

Odilla-8 Il profumo di cacao si sente da lontano, è un richiamo che attira e ingolosisce i palati più suscettibili, conducendoli in un piccolo paradiso gourmet. Un negozio di meraviglie in delicato oro nero, che dopo un’attenta lavorazione e un delizioso confezionamento, fanno bella mostra di sé su scaffali, vetrinette e vassoi cui non è semplice resistere. Dietro il bancone, tutti sorridono e basta assaggiare un cioccolatino per capire perché.

Torino è famosa per le merende da re che si possono gustare nei tanti caffè o nelle pasticcerie che affollano i viali della città. Basta girare un angolo per trovare invitanti concentrati di glucosio pronti per regalare allegria istantanea. Star indiscussa è il cioccolato, celebrato ogni anno dalla fiera Cioccolatò, evento dedicato alla eccellente produzione made in Italy di questo nettare che, se accostato alle nocciole piemontesi, dà vita a prelibatezze come il gianduiotto.

Ma non tutto il cioccolato è uguale. Per scoprirne l’arte, sono andata a trovare Gabriele Maiolani, Maître Chocolatier e anima della Chocolaterie Odilla, bottega dove crea attimi di estasi insieme alla mamma Odilla Bastioni. Tutto nasce dall’incontro con il guru del cioccolato Monsieur Sauvadet André e dal contatto con due donne, Joanne Harris e Juliette Binoche, rispettivamente scrittrice e attrice del celebre film Chocolat. Dal cinema alla realtà, come nei sogni. Un colpo di fulmine per questo dolce mondo che appassiona Gabriele e lo porta a seguire il maestro all’Ecole du Grand Chocolat di Lapalisse, nella regione dell’Auvergne, in mezzo alla Francia. Al suo ritorno, nel 2004, apre il primo laboratorio, grande solo 9 metri quadrati. Da quel momento non ha mai smesso di deliziare i torinesi.

Mi fa assaggiare un cioccolatino e ne resto inebriata. La sua superficie sottile ma croccante si rompe con una leggera pressione della lingua, liberando una morbida crema con sentore di nocciola sul palato, e poi in tutta la bocca, lasciandomi sorridente e ingolosita. Scopro che si chiama Godo’ e ne esistono varie versioni leggermente diverse, ma per apprezzare ancora di più questo gioiello ipercalorico, mi sposto nel laboratorio.

Un misto di suggestioni cinematografiche tra la piccola bottega di Chocolat e la fabbrica di Willie Wonka: la stanza è piena di macchinari tecnologici pronti a frullare dolci ingredienti per tradurli in tentazioni mignon. Il maître chocolatier mi racconta le fasi del suo lavoro: parte dalle fave di cacao, cui aggiunge le nocciole delle Langhe, precedentemente macinate a vuoto per conservarne l’aroma, e poi continua con le lente procedure per rendere la pasta morbida e delicata al punto giusto. Per realizzare la copertura, invece, usa gli stampi, mentre per le altre sfoglie sottilissime, ha studiato e studiato, finché non ha trovato la soluzione, modificando ad hoc uno dei suoi robot da cucina.

È tutto un gioco di temperature e misurazioni precisissime, calcolate con cura e anni di esperienza: si va dalla fase di riposo a oltre 50 gradi, alla fase di temperamento, fino alla lavorazione a freddo, per rendere la superficie più lucida. Tutte tecniche sofisticate, che hanno fatto aggiudicare a Gabriele il titolo di Maestro del Gusto per il biennio 2010-2012.

Ma i Godo’ non sono le uniche creazioni firmate Odilla: il negozio è pieno di cioccolato in tutte le forme, impacchettato con mille colori, in tavolette o lingotti di varie dimensioni, nella figura di una gallina o di un sorridente coniglio, in quadratini decorati e invitanti palline ricoperte di cacao. Dopo la ghiotta visita al laboratorio, rientrare nella boutique è ancora più piacevole. La gioia delle narici al contatto con l’aria dolce si somma all’entusiasmo dello sguardo, che non smette di rimbalzare da una delizia all’altra.

Una signora incollata alla vetrinetta è intenta a scegliere le piccole leccornie che le rassereneranno la giornata. I vassoi sono pieni di praline classificate secondo i gusti, fondente nero o al latte, con nocciola, pistacchio o noce, ripieno di lampone o zucchero di canna, e poi al liquore, al peperoncino e tanti altri dolci cubetti disegnati con coloratissimo burro di cacao. Spicca tra queste piccole voglie, la pralina al frutto della passione, unica nel suo genere perché ideata e brevettata da Gabriele. Assaggio una fragola candita ricoperta di cioccolato croccante, incantevole accostamento che compete con l’armonica combinazione che il cacao ha con altri frutti come il fico e la mela cotogna. Affollati su piatti uno accanto all’altro, sono una tentazione indecisa per palati in cerca di zuccheri.

La signora è ancora lì che sceglie: “Ci ho ripensato, sa, assaggio anche queste pepite qui”. Inutile resistere a tanta dolcezza.

 

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CONSIGLI DI VIAGGIO, TUTTO IL MONDO IN UNA GUIDA

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Una guida che racchiude i luoghi più belli del mondo, un’enciclopedia per il turista responsabile e informato, da consultare tutte le volte che si decide di fare un viaggio, anche se solo con la fantasia.

Niente a che vedere con i libri di geografia o con Wikipedia, ma neanche con le guide tradizionali o con le più interattive guide social di viaggi: in un mattone di poco meno di 500 pagine fitte di contenuti, sono scandagliate le destinazioni più o meno turistiche con l’aggiunta di foto, mappe, consigli utili, storie e curiosità dedicate a chi ama viaggiare.

Indicazioni brevi e veloci, per stuzzicare la voglia di partire e per aiutare chi lo fa a organizzarsi al meglio: quando andare, cosa vedere, cosa aspettarsi, cosa evitare.

Islanda, Francia, Turchia, Egitto, Sudafrica, India, Australia, Guatemala,Brasile, Canada. E ancora, i profumi del Mediterraneo, le nuvole dell’Atlantico, le montagne più alte del mondo, città leggendarie, l’animazione dei suq, l’erba alta della savana, i grattacieli, i deserti, la musica e le spiagge del Tropico. Divise per paesi elencati in ordine alfabetico all’interno di ciascun continente, le informazioni sono essenziali e sintetiche, utili a dare una panoramica generale del luogo e delle sue principali attrattive. Alcune rubriche ravvivano le pagine con consigli e sconsigli più o meno seri e altre curiosità.

Tra le prime pagine, inoltre, una sezione intitolata Vademecum del turismo responsabile, in cui gli autori danno i loro consigli su come essere un buon viaggiatore, attento al mondo e alle persone che lo circondano. Un appello a tenere gli occhi aperti e la mente libera, condizione indispensabile per conoscere e accettare nuove culture, esplorando usanze e tradizioni locali. Non solo, si parla anche di metodi per organizzare l’itinerario, rispetto per i luoghi e le persone che si vorrebbero fotografare, apertura verso la cucina e le abitudini locali, riflessioni post viaggio.

Edito da Touring a cura di Gianni Morelli, con la collaborazione di Roberto Mottadelli e Federica Guarnieri, questo libro si propone come contenitore di suggerimenti, di ispirazioni e suggestioni, un mix di leggerezza, ironia, dettagli ed emozione. Un almanacco del viaggiatore aperto a segnalazioni, proposte e dubbi dei lettori, perché racchiudere tutto il mondo in una guida è un’impresa alquanto ambiziosa.

Tutto il mondo in una guida, a cura di Gianni Morelli, Touring Editore, Milano 2012, pp. 477, prezzo 24,90 euro

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DOVE MANGIARE A PERUGIA: OSTERIA CON CUCINA LA LUMERA

Un’accogliente osteria con cucina, dove piatti deliziosi e originali tengono testa a una lunga e dettagliata carta di vini. Ambiente piccolo e caldo, tavolini in legno e tovagliette di carta, una botte accanto al bancone, questo locale fa sentire come a casa.

Appena fuori le mura che circondano il centro storico di Perugia, all’inizio di una viuzza che sale verso il quartiere dell’università, l’osteria La Lumera è un ristorantino invitante e onesto, dove assaggiare le prelibatezze che la terra umbra sa offrire.


Ricette del territorio
e prodotti di stagione rivisitati con qualche tocco d’originalità e sfiziosità curiose sono distribuite in pochi piatti, uno più invitante dell’altro. “Non conosco nulla che vellichi così voluttuosamente lo stomaco e la testa quanto i sapori di quei piatti saporiti che vanno ad accarezzare la mente preparandola alla lussuria”, si legge sulle tovagliette nelle parola di De Sade mentre si aspetta la portata successiva, e non sembra esserci niente di più vero di questa frase.

Si inizia con il gustoso pane casereccio da accompagnare con abbondanti porzioni di salumi e formaggi tipici o con un piatto unico di degustazione di presidi slow food, tra cui il puzzone di Moena, la fagiolina del Trasimeno e la pitina di capra alla griglia. Da assaggiare il patè di fegato alla perugina battuto al coltello e accompagnato da fette di mela verde e crostini abbrustoliti.

Tra i primi, spiccano gli umbricelli con guanciale e pecorino, ma anche i taglierini al ragù di salsiccia umbra, la cui pasta è ruvida al punto giusto e assorbe i condimenti così saporiti e genuini.
Sui secondi, poi, ci si sbizzarrisce con lo stinco di maiale al forno al ginepro e, per i più sfiziosi, il filetto di maiale alla griglia, avvolto in strisce di lardo locale e accompagnato da salsa al vino rosso, scalogno brasato e verdure.

Saranno le stampe antiche alle pareti, l’ambiente raccolto, la gentilezza dei giovani camerieri o il vino della casa, ma seduti a questi tavolini la fame sembra non passare mai.

Se c’è ancora un po’ di spazio per il dolce, meritano un assaggio il budino di patate e il semifreddo ai fagioli cannellini, servito con abbondante panna montata. Originali e delicati, per chi ama assaggiare piatti curiosi e fuori dagli schemi.

Dove: La Lumera, Corso Bersaglieri 22, Borgo Sant’Antonio, Perugia, tel. 075 5726181

Costo: antipasti sugli 8 euro, primi sotto i 10 e secondi intorno ai 15 euro, dolce a 4 euro. Si spende di più scegliendo vini particolari, ma lo sfuso della casa è ottimo. Il coperto è compreso nel prezzo.

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